
Laura Baldo ha letto, per A libro aperto, L’UOMO SENZA SONNO di Antonio Lanzetta, ed. Newton Compton.

- Titolo: L’UOMO SENZA SONNO
- Autore: Antonio Lanzetta
- Editore: Newton Compton
- Genere: thriller
- Pagine: 384
Trama
Secondo dopoguerra. Bruno ha tredici anni e vive in un orfanotrofio vicino a Salerno, sottoposto alle continue angherie degli altri ragazzi. Solo l’amicizia con Nino, il nuovo arrivato che prende a difenderlo, riesce a rendere tollerabile la sua permanenza nell’istituto. L’estate porta con sé un momento di libertà per tutti i ragazzi: Bruno e Nino saranno scelti per andare a lavorare insieme nella tenuta degli Aloia, una ricca famiglia del circondario. È qui che Bruno conosce Caterina, una strana bambina che vive all’ultimo piano della casa e che lo guida a esplorare i recessi dell’imponente edificio. Il gioco assume però ben presto contorni sinistri: Bruno inizia a essere tormentato da incubi inspiegabili, che al risveglio lo lasciano profondamente spossato. Il ritrovamento, all’interno della proprietà degli Aloia, di alcuni cadaveri in avanzato stato di decomposizione, getta sulla villa e su chi la abita ombre inquietanti. A chi appartengono quei corpi? E perché tutti sembrano a conoscenza di qualcosa che non deve essere rivelato? Questo romanzo è la storia di un’amicizia, di ricordi spezzati e di un brutale assassino che si nutre di paure. È la storia di Bruno e dell’estate in cui divenne l’uomo senza sonno.
Copia digitale gentilmente fornita dalle CE in cambio di una recensione onesta

Bruno è cresciuto in un orfanotrofio in un paesino del Cilento. A tredici anni è un ragazzino secco con braccia e gambe troppo lunghe, tanto che i bulletti all’istituto l’hanno soprannominato “Spaventapasseri”. Siamo alla fine degli anni ‘40, nell’immediato dopoguerra, e nell’orfanotrofio gestito da religiosi scarseggiano sia il cibo che la compassione. I bambini sono spesso maltrattati e Bruno per di più viene preso di mira anche dai compagni.
Tutto cambia quando Nino, un ragazzino che non aveva mai notato, compare nella sua vita per difenderlo, diventando ben presto il suo migliore amico. L’estate è vicina e Bruno non vede l’ora di poter uscire per un po’ dal quel luogo angosciante per andare in qualche fattoria o bottega dei dintorni, a cui i ragazzi più grandi e robusti vengono “prestati” per i lavori estivi. Quando un uomo con un furgone carica lui e Nino in macchina, non immagina che la loro destinazione sia la tenuta estiva degli Aloia, una delle famiglie più in vista della zona, che dà lavoro a centinaia di persone.
Il padrone è ancora all’estero, dove fa il professore, e in casa ci sono solo Gennaro, il tuttofare che è venuto a prenderli, e l’anziana governante Pia. Bruno si trova subito bene, il lavoro non gli pesa e per la prima volta riceve cibo decente e attenzione. C’è però qualcosa nella casa che gli trasmette una brutta sensazione. Dai piani superiori, a cui gli è vietato l’accesso, vengono strani rumori e di tanto in tanto le tende alle finestre sembrano spostarsi come se qualcuno lo osservasse. In più, il giardino è pieno di inquietanti statue mostruose e nel bosco tutt’intorno si aggirano presenze furtive e risuonano latrati.
Una notte, salendo al piano superiore, trova una ragazzina, che lo prega di ritrovare il suo uccellino di legno rubato. Per cercare di accontentare la nuova amica, che forse è malata e non può muoversi, Bruno si reca in una casa abbandonata, dove lo aspetta un misetorioso uomo con il cappello nero che da quel momento lo perseguiterà.
Intanto nei boschi della tenuta spuntano dei cadaveri, e il maresciallo locale sospetta del proprietario, appena tornato dall’America per le vacanze estive. Zeno Aloia è un uomo elegante e gentile, che si mostra subito comprensivo con Bruno, ma si porta dietro delle ombre e delle ferite profonde, che il lasciare la casa non è servito a guarire. I segreti e i vecchi orrori che trasudano dalle sue mura rischiano di contaminare tutti quelli che ci abitano.
“Credo che il dolore, la paura e tutto ciò che di spiacevole accade alle persone restino attaccati alle cose e non vadano più via.”
Aiutato da Nino, Bruno cercherà di far luce sul mistero alla base di tutto, ma ha solo pochi indizi: gli uccellini di legno, il misterioso uomo col cappello nero e un antico manoscritto in latino: il De codex animorum, acquistato dal padre di Zeno, collezionasta ossessivo di libri rari, il giorno in cui il male è entrato in casa Aloia, trasmettendosi come una malattia.
Bruno scopre di far parte di una rara categoria di persone in grado di entrare in contatto coi morti, anche nel sonno. Ed è questa particolarità a permettergli di indagare su quanto accaduto e tentare di porre un freno al male che si annida in quella casa. Ma Bruno è solo un ragazzino spaventato, e non comprende che il male in realtà è ovunque, perché sono gli uomini a portarlo.
“Al mondo non esistevano luoghi sicuri. C’erano solo le persone, e il male che si trascinavano dietro.”
Al di là della trama da thriller con sfumature horror e storiche, il libro è anche un’analisi filosofica. Ci dice che non sono tanto l’oscurità e i fantasmi che dobbiamo temere, ma le persone, perché è solo attraverso di loro che la malvagità può manifestarsi. Ogni cosa che viene fatta con odio e malevolenza crea una catena di sofferenza e distruzione molto difficile da spezzare.
“Il male chiama sempre altro male.”
Così dice Hans, il vecchio tedesco che dopo la guerra è rimasto a vivere nei boschi, lavorando come falegname per sopravvivere e creando le sculture dai tratti mostruosi che assediano casa Aloia, così come i passeri di legno che pare proteggano dal male.
La Seconda guerra mondiale, appena terminata, è un argomento minore nel romanzo, ma ho apprezzato che sia trattata senza stereotipi — il disertore tedesco e i suoi occhi intensamente azzurri che vedono al di là delle apparenze sono una presenza positiva all’interno della storia, mentre gli orrori accaduti nei dintorni risultano essere opera di qualcuno che ha approfittato anche della guerra per attirare le sue vittime fiduciose.
La bontà e la cattiveria non sono legate a qualcosa di estraneo, ma di insito nella natura umana di ogni tempo e luogo: il male ricevuto genera altro male, il non essere amati genera l’incapacità di dare amore. Ed è questo che accade qui: una catena di tragedie evitabili, se solo si fosse data la priorità alle persone.
La storia spaventa — al di là di alcuni espedienti stilistici per creare tensione, che ho trovato a volte quasi eccessivi — proprio per la sua normalità e universalità. L’uomo con il cappello nero può apparire a chiunque e in qualsiasi momento, perché è un qualcosa che è sempre esistito e che non può essere sconfitto defintivamente. È una presenza con cui bisogna imparare a convivere.
Questa è per me la forza del romanzo: non è una storia di mostri venuti da chissà dove, è la storia dei nostri mostri, quelli con cui conviviamo ogni giorno, senza la presenza confortante di un talismano che ci protegga — non solo dall’essere aggrediti dal male, ma dal diventarne schiavi e strumenti.
Una lettura molto coinvolgente, specie per chi ama il genere, ma direi per tutti, proprio perché, oltre a tenere legati alle pagine per scoprire la risoluzione del mistero, induce a porsi domande e a riflettere.

Grazie per la bella recensione e complimenti per il blog.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie di cuore ❤
"Mi piace""Mi piace"