
La nostra Anna Lisa Manotti ha letto ROOM FOR RECOVERY di D. J. Jamison, ed. Triskell Edizioni.

- COLLANA: RAINBOW
- Titolo: Room for recovery (Edizione Italiana)
- Titolo originale: Room for Recovery
- Serie: Hearts and Health #4
- Autrice: D.J. Jamison
- Traduttrice: Mariangela Noto
- ISBN EBOOK: 979-12-207-0117-4
- ISBN CARTACEO: 979-12-207-0120-4
- Genere: Contemporaneo
- Prezzo Ebook: € 4,99
- Prezzo cartaceo: € 12,00
Trama
Beau James non ha mai dichiarato di essere gay, eppure non riesce a ingannare nessuno. Quando viene aggredito da due bulli, arriva in suo soccorso nientemeno che lo scorbutico Wade Ritter, la sua cotta a distanza. Nonostante il legame tra le loro famiglie, Wade ha sempre resistito a tutti i tentativi di Beau di diventare suo amico… sino a ora. La sua indole protettiva dà a Beau l’opportunità di fare breccia nel suo carattere burbero.
Wade considera Beau un quasi-cugino. E si impegna a continuare a vederlo solo così, perché lui rappresenta una tentazione troppo forte per un ragazzo gay deciso a restare nascosto dopo che il suo primo “coming out” è andato male. Ma quando vede dei bulli che lo tormentano, si offre di aiutarlo. Non può sapere che quella piccola crepa nella muraglia che circonda il suo cuore è tutto quello di cui Beau ha bisogno per entrare e cambiargli la vita.
Dopo anni di sbagli, Wade capisce che c’è la possibilità di recuperare. Se riuscirà ad affrontare la dura verità circa la sua sessualità e ad amarsi, forse poi riuscirà anche ad amare Beau.
Copia digitale gentilmente fornita dalla CE in cambio di una recensione onesta

“Room for recovery” di J.D. Jamison fa parte di una serie di libri interdipendenti gli uni dagli altri, ma leggibili in modo separato (lo so per certo perché ho letto solo questo senza sentire la necessità di recuperare gli altri per non perdere pezzi di storia).
Se cercate una letturina leggera questo non è il romanzo che fa per voi, se invece volete qualcosa di impegnativo senza allontanarvi dal romance avete scelto quello giusto.
“Room for recovery” gira attorno alle figure di Wade e Beau, due cugini acquisiti, all’ultimo anno di liceo. Beau non ha mai detto a nessuno di essere gay, sebbene sappia che la madre non avrebbe nulla da ridire (dopotutto suo fratello è gay e sposato con lo zio di Wade) non si attenta convinto com’è che valga la pena riferirlo solo quando ci sarà qualcuno al suo fianco. Beau è uno che non ama mettere in piazza i propri affari, preferisce muoversi nell’ombra costruendo la sua strada nell’attesa di uscire allo scoperto (e questo riguarda anche il suo futuro lavorativo). Beau è, soprattutto, un bravo ragazzo: buono, gentile, sensibile ed emotivo, prono ai continui confronti che la madre fa fra lui e il suo ex marito (sparito nel nulla) e ai suoi, spesso assurdi, divieti.
Wade è di un anno più vecchio, frequenta ancora il liceo perché è stato bocciato. La sua vita si è capovolta a quindici anni quando disse al padre di essere omosessuale e lui non la prese benissimo (in un modo in realtà molto sottile) e il giorno dopo si uccise. Wade da allora si chiede se quella sua dichiarazione sia stata la goccia che ha riempito un vaso già colmo. Nel tentativo di onorare la memoria del padre si finge etero, ma schiacciato dalla fatica, dalla rabbia e dalla confusione è diventato un ragazzo irruento, cocciuto, scostante e incostante, ben lontano dal quindicenne affidabile che era stato.
Wade ha sempre tenuto Beau lontano, lui gli piace e sa di piacergli, una cosa che proprio non vuole neanche prendere in considerazione; si avvicinano solo quando Beau viene pestato da due compagni di scuola che lo tormentano per il suo orientamento.
Il perno del romanzo è la progressiva quanto dolorosa presa di coscienza di Wade del fatto che non può scappare per sempre da ciò che è nonostante ci provi in tutti i modi. Costringe Beau a un saliscendi di avvicinamenti e allontanamenti, non lo lascia andare, ma non lo vuole e Beau non sa distaccarsene. Malsano, direte voi. Vero, il loro rapporto non è sanissimo, impregnato com’è di dolore, negazione e senso di colpa. Wade è un omosessuale che odia sé stesso e che non odia gli altri come lui solo perché vorrebbe dire odiare Beau e questo proprio non può farlo.
Questi due ragazzi hanno un milione di false partenze e un altro milione di incomprensioni e, si sa, l’amore non basta. Wade non si salva grazie all’amore di Beau, Wade si salva da solo perché a un certo punto gli è chiaro che o vive o muore, o si prende per quel che è o finirà, prima o poi, per tirarsi un colpo come ha fatto suo padre. Wade sa che o trova pace o dovrà lasciare andare Beau e così fa quello che per lui è l’impensabile: va in terapia e lo fa anche con buona grazia. E qua ci sono altre cadute e ruzzoloni perché di fare outing proprio non vuole saperne, troppo radicato in lui è il sentimento di rifiuto che ha subito il giorno prima che suo padre morisse. Ovviamente c’è un lieto fine, uno di quelli belli e senza anelli al dito (perché 18 e 19 anni sono pochi, suvvia).
Lo stile è pulito e delicato, le parolacce sono sempre usate come intercalare e mai riferite al sesso che viene descritto con toni abbastanza sfumati. Alla fine l’unica cosa su cui rimane un dubbio sono proprio loro due: non ho potuto fare a meno di chiedermi se quel povero cristo di Beau non si sia preso troppo peso sulle spalle, nonostante lo abbia fatto per amore. Il rapporto che li lega è romantico in modo doloroso, a tratti morboso e diciamo che non lo farei leggere a un’adolescente impressionabile, ma resta il romanzo migliore che abbia letto nel genere.
