
Federica Cabras ha letto, per A libro aperto, IL SANATORIO di Sarah Pearse, ed. Newton Compton.

- Titolo: IL SANATORIO
- Autore: Sarah Pearse
- Editore: Newton Compton
- Genere: thriller
- Data di pubblicazione: 4 novembre 2021
- Pagine: 486
Trama
Un lussuosissimo hotel ad alta quota sulle Alpi svizzere è l’ultimo posto in cui Elin Warner vorrebbe trovarsi. Ma si è presa una pausa dal lavoro di detective, e così, quando riceve di punto in bianco l’invito a festeggiare il fidanzamento del fratello, non ha altra scelta che accettare. Arrivata nel bel mezzo di una tempesta violentissima, Elin si sente subito nervosa: l’atteggiamento di suo fratello Isaac le sembra strano e c’è qualcosa in quell’hotel, completamente isolato, che le dà i brividi. Forse ha a che vedere con il fatto che prima della ristrutturazione fosse stato un sanatorio abbandonato… Quando, la mattina dopo, gli invitati scoprono che Laure, la promessa sposa, è scomparsa senza lasciare traccia, il disagio di Elin cresce, mettendola davanti a domande che non avrebbe mai voluto porsi. Suo fratello ha qualcosa a che fare con la sparizione della fidanzata? La neve caduta blocca l’accesso all’hotel e il panico comincia a diffondersi tra gli ospiti. Nessuno si è ancora reso conto che un’altra donna è scomparsa. Ed è l’unica che avrebbe potuto avvertirli del pericolo…
Copia digitale gentilmente fornita dalla CE in cambio di una recensione onesta

C’è chi pensa che il passato sia solo passato e tanti saluti, che ci insegni un mucchio di belle lezioni – alcune importantissime, che si ricorderanno fino alla fossa – ma che il tempo lo sbiadisca, lo appanni; insomma, che si possa dimenticare. Che si vada avanti. Che si possa “scegliere” se considerarlo parte di sé oppure no. Io credo, invece, che i nodi irrisolti vengano a farci visita, di tanto in tanto, e non importa quanto sei bravo a non pensarci, quanto sei abile ad apparire distaccato, quanto sei portato al menefreghismo. Se sei una persona normale, con normali sensazioni e stati d’animo normali, be’, non scappi: quel che è stato ti brucia, ti annoda le viscere, ti cambia e ti plasma a suo piacimento. Ecco perché è così importante risolvere i conflitti, fare pace con gli avvenimenti e con le persone.
Elin Warner lo sa bene. Detective del Regno Unito in panchina, non sa quello che sarà di lei: l’anno prima ha rischiato di morire, in più a questo trauma si aggiunge una cosa molto, molto vecchia… la morte di Sam, suo fratellino, avvenuta quando sia lei che Isaac – l’altro fratello – erano presenti.
Mentre si avvia al fidanzamento di Isaac, non sa che pensare: fu lui a uccidere Sam tanti anni prima? Perché ha una visione, di quelle che emergono solo dopo tempo, che lo mostra con le mani insanguinate? Che poi, diciamocela tutta, Isaac è sempre stato quello un pochino… egoista? Sì, egoista, e anche anaffettivo. E poco incline a venire a patti con gli altri. Viziato anche, a tratti. Soprattutto, Elin non può sopportare che durante la malattia sofferta della madre e nel periodo del suo decesso lui se ne sia stato tranquillo a chilometri e chilometri di distanza. Lei ad accudire la donna e a piangerla, e lui a fare la sua vita come se niente fosse.
Sì, diciamo che cose a cui pensare, la maschiaccia Elin, ne ha. E anche cose da risolvere, pare.
Ma ritorniamo al filo della narrazione… dov’è questa bella festa di imminente matrimonio? Isaac e Laure, la sua fidanzata equilibrata e in gamba, hanno scelto un hotel un po’, come dire?, particolare. Nel senso che attorno alla struttura, ahimè, ci sono un po’ di storie. E anche lamentele.
In mezzo alla natura e alla neve, in Svizzera, l’hotel sorge sulla vecchia struttura di un sanatorio, un posto dove i tubercolotici venivano mandati a prendere aria. Ma era solo questo? Sì, insomma, un enorme polmone per chi aveva bisogno di aria pulita?
Quando la fidanzata di Isaac scompare, la questione si fa più complessa. E i nodi vengono al pettine. Come se non bastasse, il maltempo incombe sulla struttura, che nel frattempo nasconde nel cuore tanti di quei segreti da far accapponare la pelle. In breve, son tutti isolati dal mondo esterno. E inizia una catena di omicidi.
Elin, anche se non si sente per nulla pronta a tornare in pista, viene obbligata a gestire la faccenda. Del resto, è l’unica che ha familiarità con crimini e misfatti. Inaspettatamente, si sente viva, come non riusciva a essere da mesi. A tratti spaventata e bloccata, per carità – e chi non si sentirebbe un tantino statico, se alloggiato in un posto dove si susseguono strane sparizioni e particolari delitti? –, ma anche reale, una cacciatrice di indizi.
I nodi vengono al pettine, recita un vecchio detto, e anche in questo libro è così.
Allora, mi è piaciuto molto. Bella l’ambientazione, bello il filino di voglia di spaventare che si intravede tra le righe. Ho simpatizzato sin da subito per Elin. Non mi piacciono i protagonisti che hanno la verità in tasca, quelli che vengono mostrati come senza paura, senza macchia e senza vergogna. Elin, be’, Elin è umana. È fragile, perché si porta dietro cose sin da bambina. È anche terrorizzata, perché di fatto l’anno prima ha rischiato di morire. E non è semplice fidarsi nuovamente di se stessi dopo un errore come quello che la portò quasi a tirare le cuoia. Ma è… normale. Ecco, sì, lei è normale. Non una Wonder Woman, ma una persona che non deve dimostrare nulla a nessuno, preda dei suoi incubi, consapevole suo malgrado della necessità di trovare risposte per stare meglio. Mi è piaciuto il rapporto incrinato con il suo Will, il modo che hanno i due di non riuscire a giungere a compromessi ma di amarsi lo stesso. Tutti i personaggi son descritti a tutto tondo, l’autrice li ha disegnati con sapienza. Bello anche il finale, di sicuro non scontato. E ci si arriva per gradi, con calma ma desiderio crescente di conoscere la soluzione.
Nel complesso, davvero un bel libro.
