
Un romanzo toccante, profondo… L’EQUILIBRIO DELLE LUCCIOLE di Valeria Tron, ed. Salani, è il libro che non deve mancare nelle vostre librerie.

- Titolo: L’EQUILIBRIO DELLE LUCCIOLE
- Autore: Valeria Tron
- Editore: Salani
- Genere: narrativa
- Data di pubblicazione: 1 giugno 2022
Trama
Ogni punto di partenza ha bisogno di un ritorno. Per riconciliarsi con il mondo, dopo una storia d’amore finita, Adelaide torna nel paese in cui è nata, un pugno di case in pietra tra le montagne aspre della Val Germanasca: una terra resistente dove si parla una lingua antica e poetica. È lì per rifugiarsi nel respiro lungo della sua infanzia, negli odori familiari di bosco e legna che arde, dipanare le matasse dei giorni e ricucirsi alla sua terra: ‘fare la muta al cuore’, come scrive nelle lettere al figlio. Ad aspettarla – insieme a una bufera di neve – c’è Nanà, ultima custode di casa, novant’anni portati con tenacia. Levì, l’altro anziano che ancora vive lassù, è stato ricoverato in clinica dopo una brutta caduta. Isolate dal mondo per quattordici giorni, nel solo spazio di quel piccolo orizzonte, le due donne si prendono cura l’una dell’altra. Mentre Adelaide si adopera per essere utile a Nanà e riportare a casa Levì, l’anziana si confida senza riserva, permettendole di entrare nelle case vuote da tempo, e consegnandole la chiave di una stanza intima e segreta che trabocca di scatole, libri ricuciti, contenitori e valigie, in cui la donna ha stipato i ricordi di molte vite, tra uomini, fiori, alberi e animali, acqua e tempo. Una biblioteca di esistenze, di linguaggi, gesti e voci, dove ogni personaggio è sentimento, un modo di amare. Fotografie, lettere, oggetti che sanno raccontare e cantare il tempo: di guerra e povertà, amori coltivati in silenzio, regole e speranza, fatica e fantasia. Un testamento corale che illumina le ombre e le rimette in equilibrio. La bellezza intensa che respira oltre la vita e rimane in attesa di parole. Tuffarsi nella memoria significa avere il coraggio di inventare un altro finale e vivere oltre il tempo che ci è stato concesso, per ritrovare il luogo intimo di ognuno. La casa.
Copia digitale gentilmente fornita dalla CE in cambio di una recensione onesta

Avete mai sentito, in maniera forte, il richiamo della terra di origine? Penso che se si sta bene con se stessi, qualunque posto è casa, basta condividere la quotidianità con chi si ama. Ma quando qualcosa si rompe – nella vita di tutti i giorni – si segue il richiamo di quel vissuto che ci manca e che un tempo ci ha fatto stare bene. È così, soprattutto quando finisce una storia. Adelaide ha due uomini nella sua vita: Gioele, il figlio che ama più della sua vita, ed Edoardo, il compagno diventato poco di “compagnia”; un ghiacciolo fuori dal freezer o il peluche che amavate tanto quando lo avete preso, ma oltre alla bella presenza…
«Seou countёnto que tu sie a meizoun»
«Sono contenta anche io di essere tornata a casa».
Adelaide, quindi, torna nel suo paesello di origine, tra le montagne della Val Germanasca, dove tutto è rimasto come quando era piccina, dal modo di scaldarsi, di fare la spesa – non pensate di trovare un supermercato! – al dialetto, il Patois. Nanà è il suo punto fermo, la solidità delle tradizioni e dei veri sentimenti. Nanà ha quasi novant’anni e, come dice Daniele, ne dimostra almeno dieci di meno; è una donna che ha vissuto tutto, ha visto gli affetti partire per la guerra, ha perso i propri cari… non elargisce paroloni d’affetto ma trasmette l’amore a quella nipote attraverso i gesti e la saggezza, con i ricordi che elargisce in piccoli e sofferti racconti quotidiani.
Nanà è la nonna di tutti i lettori, perché impossibile non ritrovarci la nostra, gli errori verso la seconda mamma o il vuoto che questa ci ha lasciato. Nonna Marì, la mia bisnonna, mi trasmise la fede e i valori; mi disse di come si diventa una vera donna anche scendendo a compromessi… rimasi sbalordita quando mi disse che nel letto con lei e suo marito c’era un’altra donna; si premurò di dirmi “non facevano niente, sa’!”, ma quella era la devozione per l’uomo che amava. Oggi è normale avere l’amante o fuggire da casa dopo solo un sospetto. Non c’è un metro di misura, tutto è esaltato e veloce, troppo. Allora, o ci si amava andando contro tutti o si stava zitti, assoggettandosi.
Nanà ha vissuto la storia d’amore di Levì, e ha conosciuto la passione attraverso gli occhi di lui e della sua amata. Questa storia è strappalacrime, strappatutto… Levì e la voglia di imparare a leggere e scrivere, è pazienza, è… amore! Aprire una scatolina di latta è come violare l’intimità di tutti i bei personaggi di questo romanzo. Valeria Tron ha aperto tutte le “scatoline” dei ricordi con delicatezza e poeticità; ha intessuto tradizioni e sentimenti, e ha colmato con l’amore un divario generazionale. L’equilibrio delle lucciole, però, regala ad Adelaide anche una seconda possibilità; perde tanto, in quel piccolo paese, ma ritrova molto altro che si condensa in un solo nome: Daniele. Be’, termino aprendo la mia scatolina: nonna Nuna diceva che le sue “monelle” – le figlie – non avrebbero dovuto tribolare per guardarla, da “vecchia”; che la morte doveva arrivare senza farla soffrire. Un brutto pomeriggio, mio nonno la riprese con sé quando lei era andata a trovarlo al cimitero, a portargli i fiori. Si accasciò a terra e si riunirono. Io la mattina stessa seppi che avrei perso mia nonna, c’era un legame unico… e sono sicura non si spezzerà mai, anche distanti, come Nanà, Adelaide e Levì.
«La morte è come una nascita. Cambia solo il colore.»
Questo romanzo è pura e immediata magia; è amabile anche per l’evocativo Patois. Non è, tuttavia, una lettura veloce; se si vuol mettere il turbo per arrivare al finale, è impossibile per le rituali abitudini, per i dialoghi, per le lettere che richiedono attenzione e il cuore che deve accettare tutto quello che verrà…
Non è solo un consiglio, questo è un romanzo che dovete avere in libreria, da riaprire ogni qualvolta le cose non vanno bene e avete bisogno di toccare con mano la realtà; per ritrovarvi in un giorno di smarrimento.
«La casa sono i cuori che vivono dentro i muri».
