Recensione: “FAME D’ARIA” di Daniele Mencarelli – ed. Mondadori

Attendevo il momento giusto per FAME D’ARIA di Daniele Mencarelli, ed eccolo. Oggi vi parlo di questo bellissimo romanzo. Una storia che arriva all’anima, la dilania per poi darle speranza. Da leggere assolutamente.

  • Titolo: FAME D’ARIA
  • Autore: Daniele Mencarelli
  • Editore: Mondadori
  • Genere: narrativa
  • Data di pubblicazione: 17 gennaio 2023
  • Pagine: 180
  • Prezzo: 10.99 digitale; 18.05 cartaceo

Trama

Tra colline di pietra bianca, tornanti, e paesi arroccati, Pietro Borzacchi sta viaggiando con il figlio Jacopo. D’un tratto la frizione della sua vecchia Golf lo abbandona, nel momento peggiore: di venerdì pomeriggio, in mezzo al nulla. Per fortuna padre e figlio incontrano Oliviero, un meccanico alla guida del suo carro attrezzi che accetta di scortarli fino al paese più vicino, Sant’Anna del Sannio. Quando Jacopo scende dall’auto è evidente che qualcosa in lui non va: lo sguardo vuoto, il passo dondolante, la mano sinistra che continua a sfregare la gamba dei pantaloni, avanti e indietro. In attesa che Oliviero ripari l’auto, padre e figlio trovano ospitalità da Agata, proprietaria di un bar che una volta era anche pensione, è proprio in una delle vecchie stanze che si sistemano. Sant’Anna del Sannio, poche centinaia di anime, è un paese bellissimo in cui il tempo sembra essersi fermato, senza futuro apparente, come tanti piccoli centri della provincia italiana. Ad aiutare Agata nel bar c’è Gaia, il cui sorriso è perfetta sintesi del suo nome. Sarà proprio lei, Gaia, a infrangere con la sua spontaneità ogni apparenza. Perché Pietro è un uomo che vive all’inferno. “I genitori dei figli sani non sanno niente, non sanno che la normalità è una lotteria, e la malattia di un figlio, tanto più se hai un solo reddito, diventa una maledizione.” Ma la povertà non è la cosa peggiore. Pietro lotta ogni giorno contro un nemico che si porta all’altezza del cuore. Il disamore. Per tutto. Un disamore che sfocia spesso in una rabbia nera, cieca. Il dolore di Pietro, però, si troverà di fronte qualcosa di nuovo e inaspettato. Agata, Gaia e Oliviero sono l’umanità che ancora resiste, fatta il più delle volte di un eroismo semplice quanto inconsapevole. Con “Fame d’aria”, Daniele Mencarelli fa i conti con uno dei sentimenti più intensi: l’amore genitoriale, e lo fa portandoci per mano dentro quel sottilissimo solco in cui convivono, da sempre, tragedia e rinascita.

Ho scoperto la penna di Daniele Mencarelli con “Tutto chiede salvezza” e ho atteso con ansia questo romanzo. È anche vero che una volta che è arrivato in libreria lui ha atteso me perché io avevo già iniziato a combattere con il male che ha attaccato mia madre. Il mondo mi è precipitato sulle spalle e sapevo che “Fame d’aria” avrebbe tolto l’aria a me come alla mia mamma che ora non sopravvive senza quella artificiale.

Cosa succede quando una persona viene a conoscenza della malattia del proprio caro? Be’, si scava ovunque in cerca della forza necessaria per affrontare l’ignoto, quel grosso gigante che non sai da quale parte attaccarlo o se aggirarlo. Ma si può aggirare un male? Pietro Borzacchi, in qualche modo, ci ha provato. Ora tento di raccontarvi.

«Lui è Jacopo.»

Il figlio è poco più alto del padre, che basso non è affatto. È slanciato, e bello, Jacopo è bello, di una bellezza che può ingannare per qualche istante, poi, anche mentre cammina, non si può non notare il leggero dondolamento, l’andatura da sonnambulo aggrappato al braccio del padre, e la mano sinistra, le dita della mano sinistra, che non smettono mai di passare e ripassare sulla coscia. Una carezza senza significato. Un gesto meccanico. Una stereotipia. Così dissero a Pietro e Bianca i dottori, ormai tanti anni fa. Jacopo, quando sta in piedi e cammina, non può non compiere quel gesto. Sin da ragazzino, la punta delle dita a fine giornata gli diventa del colore dei pantaloni, e i pantaloni, in quel punto preciso, ce li ha tutti scoloriti. Una specie di firma della malattia.

Autistico. Autistico e non solo. Di quelle forme che peggiorano con il tempo e che non lasciano spiragli di luce anche se qualcuno prova a farti credere il contrario. Un male che ti toglie tutto, anche quello che più non hai, come pazienza e denaro. Pietro sta affrontando un lungo viaggio con Jacopo, da Anagni fino in Puglia, per festeggiare l’anniversario di matrimonio con la moglie, nel posto dove le ha fatto la proposta… una vita fa. Pochi giorni per spensierarsi, ma altri “pensieri” nel frattempo glieli mette in testa la vecchia golf fermandosi a Sant’Anna del Sannio, piccolo borgo sperduto tra le montagne, che vanta una piccola alimentari, una farmacia e l’ex albergo dove l’uomo e il figlio trovano rifugio. Poche anime a popolarlo e tre angeli: il meccanico in pensione, Agata la ristoratrice e Gaia – non solo di nome! – la cameriera.

Pietro è rinchiuso nel suo guscio, ove è difficile fare entrare Jacopo. Il padre prova repulsione, disprezzo per quel figlio, scherzo della natura. Eppure trova la solidarietà di tutti, che si spendono per mettergli in moto l’auto quanto prima e dargli ristoro. Si preoccupano anche per il giovane disabile, che solo con dei mugugni riesce a farsi capire quando è ora di cambiarsi o di mangiare.

«È autistico, a basso funzionamento, bassissimo. […] Significa che non parla, non sa fare nulla, si piscia e caga addosso.»

È così che Pietro mette a tacere chiunque, con la cruda realtà. Per il resto è un gran mentitore, ma questo lo scoprirete poi. Il Borzacchi, a quanto pare, vive con la moglie, ma in quel breve soggiorno prende una sbandata per Gaia, e si confida…

Cari lettori, talvolta le donne sono davvero la rovina per gli uomini, ma altre una fonte di speranza, peccato che Pietro non sappia coglierla immediatamente. E sbrocca, buttando all’aria un’amicizia che sembrava davvero profonda. Gaia per Pietro e Jacopo ha una stima profonda e riuscirà a sanare un rapporto che appare malato. Tutti li aiuteranno, a dir la verità.

Ieri sera, quando ho iniziato la lettura, mi sono ritrovata a correre e a dover prendere aria, troppo spesso. Poi il cuore accelerava per perdere battiti… e trovare il ritmo originario, per molto poco. Ero consapevole, come già detto, delle forti emozioni, solo non credevo di ritrovarmi con entrambi i piedi dentro la storia, tantoché in farmacia stavo per aprire il portafogli…

Pietro mi ha ricordato un amico caro, anche Fede si tappava le orecchie quando sentiva i rumori; e le nostre famiglie quando si riunivano di caos ne faceva. Ma nessuno di noi si è mai stancato di vedere quegli occhi così belli, vuoti ma espressivi al tempo stesso. Eravamo poco più che bambini, io e i miei cugini, poi adolescenti, ma l’abbiamo sempre preso per mano il nostro amico, con la premura e l’amore che Bianca ha avuto sempre per Jacopo. Pietro, invece, si è smarrito; non si è fidato più di nessuno e ha fatto di testa sua, rischiando tutto. Ma l’amore vince sempre, anche se sa che prima deve affrontare troppe peripezie.

Non ho parole per descrivere Fame d’aria, e non c’è titolo più appropriato perché come vi ho detto vi troverete a boccheggiare. Ciò, tuttavia, non deve farvi demordere, dovete arrivare dall’altra parte della sponda, a testa alta, affontando anche le maree.

La scrittura di Daniele Mencarelli è cruda perché vera. Veri sono pure tutti i personaggi, ognuno con la sua corteccia plasmata dalle sventure del passato. Nessuno è secondario, come in una grande famiglia. Vi sfido a comunicarmi se anche voi non vi siete sentiti tirati in ballo.

Vi auguro buon viaggio in compagnia di Pietro e Jacopo.

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