Recensione: LIQUIRIZIA di Claudio Loreto

La nostra Alice Bruno ha letto, per A libro aperto, LIQUIRIZIA di Claudio Loreto.

Sinossi

Una ferita da baionetta catapulta Giuliano (giovane sottotenente della 8ª Armata Italiana in Russia) tra le rovine di Stalingrado, dove tra tedeschi e sovietici si combatte una delle più grandi battaglie della storia umana.
Uno sparo impreciso incrocia le vite dell’ufficiale e di una tiratrice scelta russa, Tanja: l’irreale incontro di un momento li segnerà per sempre, portando alla luce un’altra incredibile vicenda.
Attori di questo intreccio sono la coccarda di un generale dell’Armata Rossa e “Liquirizia”, l’orsacchiotto di stoffa che fin da bambina aiuta la soldatessa a vincere di notte la paura del buio.
La storia di un amore che si oppone ai duri precetti della guerra e all’odio tra i popoli.

Copia omaggiata dall’autore, in cambio di una recensione onesta.

Seconda guerra mondiale, anno 1942.

Durante la battaglia di Stalingrado, i sette mesi di sanguinosissimo assedio che segnarono l’inizio della disfatta tedesca in Europa, due soldati nemici, la russa Tanja e l’italiano Giuliano si incontrano in circostanze drammatiche. In mezzo alle rovine di una città devastata dagli orrori della guerra restano bloccati assieme, lontani dai rispettivi schieramenti, soltanto loro due.

E così, complice la situazione (la sorta di bolla in cui si trovano e la conoscenza del russo da parte di lui), non sono più Tanja Malova, tiratrice scelta dell’Armata Rossa e Giuliano Lanteri, sottotenente del Regio Esercito Italiano, ma semplicemente un ragazzo e una ragazza, con i loro sogni ed aspirazioni, la ballerina e il futuro avvocato, che per una manciata di giorni riescono a scordare ciò che li circonda: la paura, la fame, la morte, e a innamorarsi.
E poi a restarlo. A dispetto di tutto, compresa la realtà, che inevitabile, li porterà a separarsi.

Claudio Loreto scrive una bellissima storia d’amore ambientata ai tempi della guerra, con uno stile scorrevole e coinvolgente capace di emozionare il lettore. Le frequenti concessioni al lieto fine rendono la narrazione talvolta non del tutto credibile (troppe le circostanze e le coincidenze fortunate, dal legame che corre tra tutti i personaggi, alla rapida accettazione di verità sconvolgenti, alla facilità con cui si risolvono impedimenti all’epoca insormontabili), e non sempre completamente approfondita, ma senz’altro molto godibile, e questo per me è davvero un grande pregio.

Una favola gentile, per credere nella potenza dell’amore e dei buoni sentimenti, nell’idealismo e nelle seconde occasioni. E, soprattutto, in un filo conduttore capace di dare un significato alle esistenze dei singoli attraverso il tempo.

Erano alquanto sporchi. Eppure chiunque, se avesse potuto
vederli, li avrebbe trovati bellissimi.
D’improvviso una sequela di sibili striduli li strappò dai loro
bisbigli: sopra la grandissima piazza volavano, a frotte, lingue di fuoco che poi si infrangevano con un gran fragore contro le posizioni tenute dai nazisti; ad ogni nuova, abbagliante vampata si vedevano macerie ritriturate e corpi volare per aria.

Per me quattro libri.

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